Se ti piace il design e segui blog e riviste di styling hai sicuramente già sentito il termine “upcycling”, spesso scambiato erroneamente con “recycling”.
Con questo articolo faccio un pò di chiarezza tra termini e ti porto qualche esempio con l’intento di farti venire voglia di impiegare la tua creatività in un modo (davvero) sostenibile.
Spesso si pensa che avere una casa sostenibile sia qualcosa di costoso e laborioso, che richiede grandi lavori e la competenza di professionisti.
E’ vero, non lo nego. Ma l’errore che facciamo è quello di sottovalutare l’importanza delle piccole cose, e l’upcycling, o design del riuso, è una di queste.
Un’altra cosa che consideriamo poco e che in questo articolo voglio sottolineare, è il grande valore creativo che puoi aggiungere ai tuoi ambienti, cimentandoti con materiali e seconde vite degli oggetti.
Ma partiamo dal fare un pò di chiarezza.
Se riusare un oggetto significa allungare la vita ad un oggetto dandogli una nuova funzione o una nuova estetica, riciclare significa reinserire quell’oggetto del processo produttivo, o ciclo, appunto, come “materia seconda”.
Quindi quando porti la tua bottiglia di vetro alla campana per la raccolta stai facendo riciclo perchè permetti che quel vetro sia nuovamente utilizzato per produrre altri prodotti.
Finisci la marmellata nel suo vasetto di vetro. Se lavi il vasetto e lo usi per fare lo yogurt in casa, stai facendo riuso. Ovvero non butti il vasetto, lo riusi con la stessa destinazione: contenere qualcosa di alimentare.
Se lavi il vasetto e lo metti nella campana del vetro, fai recycling, perchè verrà fuso e verrà riutilizzato il vetro: il tuo vasetto ritorna materia prima attraverso un processo industriale, che ha un impatto ben preciso e degrada la qualità del materiale ciclo dopo ciclo.
Se lavi il tuo vasetto, lo decori e ne modifichi alcune parti per farlo diventare il diffusore di una lampada progettata da te, (come quelle nell’immagine sopra!) stai facendo up-cycling, dove quell'”up” ti dice che hai innalzato/migliorato le qualità di quella cosa, rendendola più interessante, più utile o di maggiore valore rispetto al prodotto di partenza, che magari era rotto o danneggiato, o incompleto etc.
Con il nome Upcycling non da lontano, si parla degli anni immediatamente successivi al 2000 quando con la prima crisi economica ci si è avvicinati ad un impiego della creatività che fosse anche vantaggioso in termini economici e di impatto ambientale, ma a ben vedere i nostri nonni e bisnonni, con il loro proverbiale buonsenso praticavano già l’upcycling senza dargli un nome.
Ci sono state molte grandi personalità dell’interior design che hanno sperimentato in questo senso, dal grandissimo Enzo Mari al suo allievo Paolo Ulian, che ha progettato con questa logica per aziende come Danese e Le Fabrier, ma anche Martino Gamper, Ron Arad ed altri.
Tuttavia la pratica dell’upcycling è qualcosa di talmente semplice e accessibile che possiamo tutti diventare “designer per un giorno”, plasmare materiali, storia, linguaggi secondo esigenze e gusti personali.
La sostenibilità di un prodotto non è un idea ma si fonda su calcoli molto precisi che riguardano (anche) le emissioni, l’impatto sull’intero sistema natura, Vegetale-Animale-Umana, su tutto l’arco vitale di un prodotto.
Ecco che si capisce che, purtroppo, l’aggettivo “sostenibile” è spesso utilizzato in modo pubblicitario, perchè si prende in esame solo una delle fasi del ciclo di vita, di solito quella dell’utilizzo, ma le altre fasi sono quasi sempre oltremodo costose in termini di impatto, quindi conviene farsi conscius davvero!
Abbiamo visto che upcycling non è una moda e non è uno stile ma una pratica che ha molto di creativo, sia a livello di esperimenti personali che di produzioni su scala più grande.
Certamente non è solo la casa o il giardino il campo d’azione della creatività upcyclante, anche e forse soprattutto nella moda si sono viste sperimentazioni interessantissime (John Galliano, Stella McCartney, Dolce e Gabbana…) ed è soprattutto nel guardare, osservare, manipolare che vengono le idee migliori!
Il restyling di vecchi arredi e complementi fa assolutamente parte del processo di upcycling, la cui caratteristica principale è quella di migliorare ed innalzare la qualità di un ogetto.
Quando ad esempio decori o semplicemente ritingi una vecchia credenza, lo fai perchè ti piaccia di più, perchè si addica di più a te ed al tuo gusto, ed ecco il significato di quel “up” di upcycling!
Io sono una grande sostenitrice dell’upcycling ormai da un decennio, trovo che una casa acquisti molto senso, significato, contenuto, quando ospita cose originali, personali, che hanno una storia visibile, vite imprevedibili, e la pratica del restyling a cui siamo tutte molto affezionate è , a tutti gli effetti un upcycling estetico.
Ho preparato per te una galleria Pinterest con una scelta di “upcyclings” niente male. Dai un’occhiata e poi dimmi, hai già sperimentato questa pratica in casa tua anche senza sapere come si chiamava vero?
Silvia Ramalli.
Sono una Stilista d’interni, ovvero coccolo case e abitanti.
Sono esperta nello scovare e far sbocciare l’armonia nascosta delle case e aiutarti a trasformarle in posti che ti fanno stare bene davvero, anche se hai un piccolo budget.
Nel tempo libero amo annodare macramè, camminare per boschi e scoprire posti nuovi, sempre con un pò di musica nelle orecchie.